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Consigli di lettura: “Psicoporno – Dodici racconti alla ricerca di Eros”

Psicoporno - Dodici racconti alla ricerca di Eros

Narra il mito che la dea Afrodite, invidiosa della straordinaria bellezza di Psiche, chiese a suo figlio Eros di scoccare una freccia su di lei, facendola innamorare dell’uomo più brutto della Terra. Eros però, vedendola, ne rimase a tal punto incantato che, per distrazione, una delle sue frecce lo colpì al piede e si innamorò perdutamente di lei. Da allora, ogni sera Eros andava dalla fanciulla per vivere il loro amore insieme, senza mostrarle mai il suo volto.

Psiche tuttavia, incuriosita dall’identità del proprio amante, una sera ne illuminò il volto con una lanterna, ma una goccia d’olio bollente cadde su Eros che, svegliatosi, scappò via abbandonando la ragazza. Psiche allora cominciò a cercarlo dappertutto e Afrodite, piena di ira per quanto accaduto, la sottopose a difficilissimi prove.


I racconti presentati nella raccolta, edita da Buendia Books, “Psicoporno – Dodici racconti alla ricerca di Eros” che ho avuto la possibilità di leggere in anteprima, sembrano le prove che Psiche deve affrontare nella sua ricerca disperata di Eros. A tessere la trama del viaggio di Psiche stavolta troviamo tre coraggiose psicologhe che, ognuna con il proprio background e il proprio stile, offrono al lettore dodici diversi scenari accomunati dall’eterno ricercarsi di Amore e Psiche.


Le tre coraggiose psicologhe sono Valeria Bianchi Mian, psicoterapeuta junghiana, Debora Riva psicologa dell’universo Underground, e Laura Salvai, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e sessuologa.
I racconti sono organizzati in triplette e, leggendoli, si ha la sensazione di un lavoro corale dove le tre anime delle scrittrici, pur nella loro riconoscibile diversità, si armonizzano accompagnando il lettore nei meandri della sessualità: da desiderio squisitamente umano fino a spingersi a illuminarne anche i risvolti più oscuri, quando in particolare l’eros si intreccia ai disturbi parafilici, alla disperazione più profonda fino alle condotte cruentemente criminali.

Il tutto viene presentato con uno sguardo mai giudicante bensì volto a descrivere, narrare, comprendere, mettendo da parte le convenzioni, a tratti con una punta di ironia in alcuni racconti, ma sicuramente senza fare censure e con una ricerca di un’autenticità non costretta dal giudizio morale.


Nei racconti di Valeria Bianchi Mian eros, archetipo e mito si intrecciano in storie che raggiungono picchi intensi, noir e tragicamente dolorosi come in “Odi et amo”.


Debora Riva ci guida all’interno del mondo del kink, della sessualità atipica, dando voce al vissuto non solo di chi prova pratiche erotiche meno convenzionali, ma anche di uno degli strumenti attraverso cui questo si realizza, come nell’originale e ironico “Memorie di un dildo”.


Laura Salvai esprime appieno la sua passione non solo per la psicologia e la sessuologia ma anche per il cinema, offrendo dei racconti capaci di evocare immagini potenti, che scorrono come in un film dai risvolti a tratti horror a tratti thriller, con finali dove si ci trova constantemente spiazzati e dove nulla è come sembra fino a un attimo prima. Nel suo racconto “Feedee” parafilia e thriller hanno l’incontro più ravvicinato e scioccante.


Ad arricchire questa intensa raccolta di racconti ci sono le evocative illustrazioni in bianco e nero di Valeria Bianchi Mian con il contributo di Debora Riva e Laura Salvai e, alla fine, anche un glossario volto a “guidare i lettori dentro il labirinto del piacere e del dolore”, in cui vengono descritti diversi termini usati dalle autrici nelle loro storie, dando la possibilità anche di imparare aspetti non conosciuti della sessualità.


Da psicologa, appassionata lettrice di libri e cinefila, ho trovato in “Psicoporno – Dodici racconti alla ricerca di Eros” non solo un libro estremamente interessante, ma anche una lettura emotivamente potente e coinvolgente, dove ogni racconto attira alla lettura del successivo e da cui, alla fine, ne sono uscita piacevolmente provata, come una moderna Psiche attraverso il complesso mondo di Eros, tra energia attrattiva e repulsiva.

Articolo a cura di Laura Lambertucci, psicologa e psicoterapeuta. Specializzata in psicoterapia cognitivo-comportamentale presso “Studi Cognitivi”. Ha conseguito i livelli 1 e 2 del training in EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e i livelli basic e intermediate del training in Terapia Metacognitiva Interpersonale


Vuoi approfondire? Guarda l’intervista completa alle autrici qui:

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Tripofobia in bambini in età prescolare

Tripofobia in bambini in età prescolare

La tripofobia è la paura di configurazioni irregolari di piccoli buchi o protuberanze. La visione di questi stimoli ma anche di cerchi convessi, punti chiusi ed esagoni a nido d’ape può determinare paura e disgusto.

Precedenti studi sullo sviluppo della Tripofobia hanno dimostrato che i bambini di 4 anni preferiscono immagini neutre a immagini clusterizzate. Con immagini clusterizzate si intendono immagini che hanno all’interno elementi simili tra di loro.

Da questi studi non è tuttavia chiaro se lo stesso principio valga per le immagini con caratteristiche adatte a provocare tripofobia.

In questo lavoro i ricercatori hanno valutato l’esposizione a immagini tripofobiche in bambini tra i 4 e i 9 anni  utilizzando una scala di valutazione della tripofobia basata su una modifica della scala utilizzata per gli adulti.

Ai partecipanti è stato chiesto di valutare 5 immagini di tripofobia e neutre fornendo una valutazione da 1 a 4 su una scala per la valutazione di disgusto, paura, prurito, piacere.

I partecipanti di tutte le età hanno valutato come più disgustose, paurose e stimolanti prurito le immagini tripofobiche confrontandole con quelle neutre. Questi risultati suggeriscono che i bambini già a 4-5 anni rispondono alle immagini tripofobiche differentemente che a quelle neutre proprio come accade per gli adulti e che la tripofobia sembra comparire almeno dai 4-5 anni di età.

Link per approfondimenti sulla ricerca:

https://www.nature.com/articles/s41598-023-29808-1


Suzuki, C., Shirai, N., Sasaki, K. et al. Preschool children aged 4 to 5 years show discomfort with trypophobic images. Sci Rep 13, 2768 (2023). https://doi.org/10.1038/s41598-023-29808-1

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Efficacia della Schema Therapy

Efficacia della Schema Therapy

La terapia dello schema è un approccio psicoterapeutico che combina elementi della terapia cognitivo-comportamentale, della terapia psicodinamica e della terapia della gestalt per trattare disturbi di personalità e disturbi emotivi di asse I. È stata sviluppata da Jeffery Young negli anni ’90 ed è diventata sempre più popolare negli ultimi anni.

La schema therapy si basa sull’idea che gli individui hanno schemi di pensiero e di comportamento negativi che sono stati sviluppati durante l’infanzia e che continuano a influire sulla loro vita adulta. Questi schemi possono portare a problemi emotivi come la depressione, i disturbi d’ansia e la difficoltà a modulare la rabbia, nonché a disturbi di personalità come il disturbo borderline di personalità, narcisistico ecc.

La schema therapy mira ad identificare e a modificare questi schemi maladattivi precoci attraverso una serie di tecniche che sono suddivise in: esperienziali, relazionali, cognitive e comportamentali. In particolare sono rilevanti: il lavoro di rielaborazione delle scene traumatiche attraverso l’immaginazione (rescripting immaginativo), l’utilizzo di tecniche ipnotiche per collegare vissuti attuali e passati (ponte emotivo), il soddisfacimento dei bisogni infantili (limited reparenting), il superamento delle difese che impediscono l’accesso ai bisogni del paziente (dialogo col protettore) e il confronto con il paziente per quanto riguarda i suoi comportamenti problematici (confronto empatico).

Training ST 2023

La Schema Therapy è efficace?

La ricerca ha dimostrato che la terapia dello schema è efficace nel trattamento di una vasta gamma di disturbi, tra cui i disturbi d’ansia, i disturbi dell’umore e i disturbi di personalità. In uno studio del 2013, i ricercatori hanno scoperto che la Schema Therapy era più efficace del trattamento standard (basato sull’analisi del transfert) per il disturbo borderline di personalità. In un altro studio del 2015, i ricercatori hanno scoperto che la Schema Therapy era efficace nel trattamento della depressione maggiore.

Inoltre, la Schema Therapy è risultata efficace per trattare i disturbi alimentari, l’abuso di sostanze e i disturbi di personalità di cluster B. Una revisione sistematica delle ricerche sulla Schema Therapy, pubblicata nel 2016, ha concluso che c’è una forte evidenza che è efficace nel trattamento di una vasta gamma di disturbi.


Approfondimenti bibliografici

  1. Young, J. E., Klosko, J. S., & Weishaar, M. E. (2003). Schema therapy: a practitioner’s guide. New York: Guilford Press.
  2. Arntz, A., Tiesema, M., & Kindt, M. (2007). Schema therapy for borderline personality disorder. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 38(4), 314-320.
  3. Giesen-Bloo, J., van Dyck, R., Spinhoven, P., van Tilburg, W., Dirksen, C., van Asselt, T., … & Arntz, A. (2006). Outpatient psychotherapy for borderline personality disorder: randomized trial of schema-focused therapy vs. transference-focused psychotherapy. Archives of General Psychiatry, 63(6), 649-658.
  4. Riso, L. P., du Toit, P. L., & Eisendrath, S. J. (2008). Schema therapy for personality disorders. Journal of Cognitive Psychotherapy: An International Quarterly, 22(3), 220-232.
  5. Leichsenring, F., & Leibing, E. (2003). The effectiveness of psychodynamic therapy and cognitive-behavioral therapy in the treatment of personality disorders: a meta-analysis. American Journal of Psychiatry, 160(11), 1223-1232.
  6. Chiesa, A., & Faccio, E. (2011). Schema therapy for personality disorders: a critical review. Journal of Clinical Psychology, 67(8), 717-732.
  7. Murphy, J. M., & Archer, J. (2011). The effectiveness of schema therapy for personality disorders: a meta-analysis. Journal of Nervous and Mental Disease, 199(10), 671-681.
  8. Giesen-Bloo, J., van Dyck, R., Spinhoven, P., Van Tilburg, W., Dirksen, C., van Asselt, T., … & Arntz, A. (2006). Outpatient psychotherapy for borderline personality disorder: randomized trial of schema-focused therapy vs. transference-focused psychotherapy. Archives of General Psychiatry, 63(6), 649-658.
  9. Farrell, J. M., Shaw, I. A., & Webber, M. A. (2009). The effectiveness of schema therapy in comparison to transference-focused psychotherapy for patients with borderline personality disorder: a meta-analysis. Journal of Nervous and Mental Disease, 197(2), 126-136.
  10. Smit, J. H., Koot, H. M., & Schreurs, K. J. (2010). The effectiveness of schema therapy for personality disorders: a meta-analysis. Clinical Psychology Review, 30(2), 295-306.

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Come mi posso formare in Schema Therapy?

Come mi posso formare in Schema Therapy

La formazione in Schema Therapy prevede una certificazione riconosciuta dalla società internazionale di Schema Therapy.

Puoi accedere al training se sei psicoterapeuta o se frequenti il terzo o quarto anno della scuola di specializzazione in psicoterapia.  Questo requisito non è derogabile ed è richiesto Società internazionale di Schema Therapy (https://schematherapysociety.org/page-19653).

La Società Internazionale per quanto riguarda la Schema Therapy Individuale può rilasciare un certificato base e uno avanzato.

I requisiti per la certificazione base sono:

  • Frequentare un Training riconosciuto dalla Società Internazionale di Schema Therapy e condotto da Trainer Certificati dalla stessa (la parte didattica deve essere di almeno di 25 ore, la parte esperienziale di almeno 15)
  • Svolgere almeno 20 ore di supervisione con un Supervisore
  • Far valutare da un trainer supervisore esterno al training un audio/video di una seduta di ST oltre alla concettualizzazione del caso

Il completamento del percorso di certificazione deve avvenire entro 3 anni dalla fine del training

I requisiti per la certificazione avanzata comprendono:

  • Ulteriori 20 ore di supervisione
  • La valutazione di due sessioni da parte di un rater indipendente con un punteggio minimo di 4.5

Training ST 2023

In cosa consiste il Training in Schema Therapy certificato di formapsicologi.it

Il training certificato in Schema Therapy comprende 64 ore di formazione teoriche pratiche on-line con esercizi svolti all’interno delle stanze.

La formazione viene svolta in 4 weekend da 16 ore ciascuno e viene approfondita la teoria e la pratica della Schema Therapy così come gli interventi sui disturbi di personalità borderline, narcisista, evitante e antisociale.

Il percorso rilascia 50 crediti ECM e coinvolge tre trainer e supervisori Schema Therapy certificati.

Gli argomenti trattati sono i seguenti:

La Schema Therapy: teoria e concetti

  • Bisogni di base, schemi, stili di coping e mode
  • L’assessment: interviste, tecniche immaginative, questionari, fattori temperamentali
  • Psicoeducazione: bisogni e diritti dei bambini, ambiente famigliare, schemi, temperamento, trigger, coping.
  • Concettualizzazione del caso: chiarificare il caso e gli obiettivi e bisogni in termini di schemi e mode
  • Strategie cognitive: dialogo con lo schema, diari, flashcard
  • Strategie comportamentali: rompere i pattern comportamentali
  • Strategie esperienziali: rescripting immaginativo, tecnica delle sedie, role play, dialoghi con schemi e mode, limited reparenting
  • Relazione terapeutica: confrontazione empatica, mettere i limiti, l’attivazione degli schemi del terapeuta, autoapertura

La Schema Mode Therapy per il Disturbo Borderline di Personalità

  • Il concetto di Mode
  • Lo sviluppo del modello dei mode: il concetto di mode di schema
  • I Mode: Genitore, bambino, adulto sano, di coping
  • Identificare i Mode: questionari
  • Concettualizzare il disturbo borderline con i mode
  • La relazione terapeutica e lo stile del terapeuta con il paziente borderline
  • Il luogo sicuro, la bolla di sicurezza, il diario dei mode
  • Il lavoro con il protettore distaccato e il re-parenting
  • L’intervento del terapeuta su diversi mode: genitore punitivo, genitore esigente, bambino vulnerabile, bambino arrabbiato
  • L’uso delle sedie nel lavoro con il paziente borderline
  • L’uso del rescripting immaginativo nel lavoro col trauma

La Schema Mode Therapy per il disturbo narcisistico

  • Caratteristiche del disturbo narcisistico di personalità
  • I mode caratteristici
  • Leve per il cambiamento
  • La tecnica del confronto empatico
  • Stabilire i limiti
  • Lavoro con il protettore distaccato nel disturbo narcisistico di personalità
  • Il lavoro con i mode autoconsolatore/autostimolatore
  • Il lavoro con il bambino solo/vergognoso
  • La traduzione del mode autoesaltatore nel linguaggio del bambino vulnerabile
  • L’utilizzo del’autoapertura
  • Il lavoro su di sé del terapeuta

Il disturbo evitante di personalità

  • Caratteristiche del disturbo evitante di personalità
  • I mode caratteristici
  • Intervento sui mode di coping: evitante, distaccato, autoconsolatore, arreso compiacente
  • Il lavoro sul bambino vulnerabile /solo
  • L’utilizzo di tecniche comportamentali ed esperienziali

Il disturbo antisociale di personalità

  • Caratteristiche del disturbo antisociale di personalità
  • I mode caratteristici
  • Il lavoro sul mode prepotente violento
  • Motivazione al cambiamento nel disturbo antisociale
  • Contesti di intervento
  • Stabilire i limiti
  • Tecniche cognitive, comportamentali, esperienziali, relazionali
  • Attivazione degli schemi del terapeuta
  • Cosa arriverai a padroneggiare al termine della formazione?
  • L’assessment attraverso questionari, colloquio, tecniche immaginative.
  • La concettualizzazione di un caso mediante il modello della Schema Therapy
  • Svolgere un colloquio secondo i principi della ST e utilizzare le strategie esperienziali, relazionali, cognitive, comportamentali.
  • Valutare i risultati ed individuare il termine del percorso.

Cos’è la società Internazionale di Schema Therapy (ISST)?

Si tratta dell’organizzazione associativa fondata nel 2008 che riunisce clinici, ricercatori e sostenitori della Schema Therapy.

Si occupa di gestire gli standard di formazione per i clinici, i formatori e i supervisor che si occupano di Schema Therapy.

Qual è la storia della Schema Therapy

La Schema Therapy inizia ad essere sviluppata a metà degli anni 80 da Jeffrey Young, Ph.D., per aiutare i pazienti che soffrivano cronicamente di psicopatologie e con disturbi di personalità che le psicoterapie classicamente utilizzate non riuscivano a trattare adeguatamente.

La Schema Therapy andò ad integrare in un sistema teorico semplice e coerente i contributi di altri approcci psicoterapeuti tra i quali: psicodinamico, cognitivo comportamentale, gestalt, analisi transazionale, ipnosi.

L’idea fu quella di prendere i concetti e tecniche più utili ed utilizzarli con una cornice teorica che partiva dall’identificazione dei bisogni emotivi universali.

Il modello infatti aiuta il paziente a soddisfare i suoi bisogni emotivi infantili di base attraverso l’ausilio di tecniche esperienziali, relazionali, cognitive e comportamentali.

La Schema Therapy è un approccio ottimale per trattare i traumi sia semplici che complessi utilizzando tecniche immaginative ed esperienziali.

Aiuta il paziente a riconoscere le parti di sé e a prendersi cura della parte vulnerabile dentro di sé.

A metà degli anni Novanta il dottor Young fondò a Manhattan il primo Schema Therapy Institute.

La Schema Therapy è oggi utilizzata in tutto il mondo è sono parecchi gli studi scientifici che ne hanno validato l’efficacia per il trattamento dei pazienti difficili.


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Consigli di lettura: “Prove d’autore – Corso semiserio di scrittura emotiva”

Prove d'autore - Articolo

Prove d’autore – Corso semiserio di scrittura emotiva” è un libro scritto per Algra Editore da Sarah Grisiglione, psicologa, psicoterapeuta analitico-transazionale e docente liceale, che ho letto con grande curiosità e interesse. Avere inoltre l’occasione di dialogare con lei per Formapsicologi è stata un’occasione importante di approfondimento, da cui sono uscita arricchita e con vari spunti anche per il mio lavoro da psicoterapeuta.

Partiamo dalla composizione del libro: Sarah Grisiglione ci presenta un corso di scrittura rivolto a tutti, non solo ad appassionati. Il libro è composto da 14 esercizi di scrittura che non solo l’autrice descrive nel dettaglio riportandone la traccia ma in cui si cimenta lei stessa, donandoci esempi su cui riflettere.

Ogni esercizio è corredato da poesie dell’autrice, che traggono spunto dalle emozioni emerse nel corso della sua realizzazione. In fondo a ogni esercizio ci sono anche delle pagine strutturate come fossero quelle di un quaderno a righe, permettendo al lettore di scrivere seguendo la traccia. Il libro quindi non solo costituisce occasione di apprendimento, ma anche possibilità di provare noi stessi a lasciarci guidare dagli esercizi.

L’obiettivo principale del corso presentato da Sarah Grisiglione è quello di far emergere le proprie emozioni “liberandole su un foglio” e venirne in contatto, seguendo i suoi suggerimenti.

Nel corso del nostro dialogo ampio spazio è stato dato anche all’utilizzo della scrittura emotiva in psicoterapie individuali, di gruppo e anche in contesti come quello scolastico, con esempi tratti dall’esperienza dell’autrice, specificando l’importanza di un’accurata formazione per poter usare la scrittura in ambito clinico e come sia importante valutare se essa sia il mezzo idoneo per quello specifico paziente.

Oltre a parlare dei vari esercizi leggendo anche dei passi tratti dal libro, abbiamo parlato in particolare di come la scrittura in terza persona possa aiutare il paziente a raccontare un proprio vissuto di profonda sofferenza, in un modo che ne permetta poi la successiva elaborazione. 

Confrontandoci infine sull’ultimo esercizio “Raccontate un film attraverso le emozioni provate” ci siamo anche confrontate su come il cinema possa essere un altro veicolo di espressione di tematiche su cui lavorare.

Concludendo, “Prove d’autore” è un libro che apre una finestra sull’impiego della scrittura per esplorare il proprio mondo interiore e lo fa con un approccio molto pratico, che guida il lettore a piccoli passi attraverso esercizi volti a creare personaggi, inizi o finali di storie, allo scopo di arrivare a scrivere il libro che già abita dentro di sé.

Articolo a cura di Laura Lambertucci, psicologa e psicoterapeuta. Specializzata in psicoterapia cognitivo-comportamentale presso “Studi Cognitivi”. Ha conseguito i livelli 1 e 2 del training in EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) e i livelli basic e intermediate del training in Terapia Metacognitiva Interpersonale


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Fare ACT

Fare ACT

L’ACT è un’applicazione della psicologia comportamentale contestuale, è “davvero un’Analisi del Comportamento Applicata”, come ci ricorda Kelly Wilson, uno dei co-fondatori, insieme a Steven Hayes e Kirk Strosahl, di questa psicoterapia di terza onda delle terapie cognitive e comportamentali.


E se il termine comportamentismo può suonare strano oppure curioso, ebbene sappiate che ciò di cui l’ACT si occupa è proprio il continuo flusso di attività in divenire di un organismo in interazione dinamica con il contesto in cui tale flusso accade; in altre parole, il “comportamento-nel-contesto”.


Con “comportamento”, s’intende ogni cosa che un organismo fa: camminare, parlare, sentire, sperare, desiderare, pensare, provare sentimenti, ecc…


Con “contesto”, ci si riferisce a tutto ciò che accade ad un organismo e perciò tutto quello che gli è accaduto dalla sua nascita che possa avere influenzato o modificato in qualche modo il suo comportamento e quindi sia il contesto storico riferito alla sua storia di apprendimento, sia il contesto attuale, privato e pubblico.


Comportamento e contesto sono indivisibili, non può esserci l’uno senza l’altro e ciò che nell’ACT interessa è la relazione funzionale tra contesto e comportamento piuttosto che la sua forma per spiegare e comprendere cosa una persona fa e perché, e aiutarla ad essere libera dalla sofferenza, cioè essere libera di vivere una vita che abbia senso e scopo.


Quando una persona fa qualcosa in presenza di un certo stimolo contestuale sulla base della sua storia di apprendimento, possiamo dire che c’è una relazione funzionale tra lo stimolo/contesto e la risposta/comportamento della persona.

Quando i comportamentisti parlano della “funzione di un comportamento” non stanno prendendo in considerazione lo scopo o l’intenzione di una persona quando fa qualcosa, ma si riferiscono all’impatto, alle conseguenze dell’azione di quella persona in un dato momento, in uno specifico contesto.


Per esempio, un paziente potrebbe dire: “Ho paura di poter fare del male ai miei familiari. Sono una persona terribile!”
Come terapeuti noi siamo il contesto in cui avviene questo comportamento e la nostra risposta influenzerà l’altra persona in relazione al suo contesto attuale e storico. Allo stesso tempo quella cognizione, il pensare a quei contenuti (comportamento-azione), avrà un impatto/una funzione sulla persona stessa e sul terapeuta e tale conseguenza presumibilmente evocherà dei contesti privati ai quali il terapeuta potrebbe rispondere reattivamente e/o esserne inconsapevole e di conseguenza essere meno libero di scegliere quale intervento attuare.

Pertanto, diviene fondamentale che il terapeuta ACT sia consapevole e presente momento per momento e in maniera non giudicante, abile nell’osservare cosa sta accadendo in se stesso, nel paziente e nella relazione terapeutica. Questa abilità è in relazione ai processi di attenzione intenzionale e fluida e di presa di prospettiva flessibile, due dei sei processi del modello ACT.

Questi processi si intrecciano con quelli di defusione ed accettazione per riconoscere e discriminare l’esperienza del
modo interno dall’esperienza del mondo esterno, e dare così vita ad uno spazio di libertà dal quale guardare con curiosità pensieri ed emozioni ed indebolire il loro controllo sulle azioni e all’interno del quale poter entrare in contatto con le conseguenze di azioni che riflettono quello che è davvero importante per noi e scegliere di impegnarci ad agire passo dopo passo verso la direzione desiderata.


La frase precedente può aprire le porte, a seconda del momento in cui ci troviamo in terapia, a processi di defusione dai pensieri o di apertura alle emozioni oppure di presa di prospettiva su di sé, ma anche di esplorazione di ciò che conta di più nella vita per il paziente.


Sempre a proposito di funzioni del comportamento-in-un-contesto, per esempio, leggete le seguenti frasi, fate una pausa dopo ogni frase e notare cosa suscitano in voi:


“Giorgio è un bambino.”

“Giorno è un bambino a cui piace mangiare i dolci.”



“Giorgio è un bambino a cui piace mangiare i dolci solo una volta alla settimana.”



Cosa avete notato? A quali funzioni del contesto, in questo caso le parole, avete risposto, (risposta = pensieri, emozioni e sensazioni corporee emersi in relazione alle funzioni dello stimolo)?


Il terapeuta attraverso i suoi interventi mira a sviluppare e potenziare i sei processi del modello ACT nel paziente per promuovere un cambiamento.

Ogni tentativo di acquisire conoscenza richiede una presa di prospettiva e non a caso questo è uno dei processi di base per fare un’esperienza di sé che trascenda un’identificazione coi contenuti della propria coscienza e che possa aprire a nuove possibilità e quindi a nuovi comportamenti e a nuove conseguenze.


L’ACT è una psicoterapia che non mira quindi alla riduzione dei sintomi come obiettivo primario, ciò può avvenire come conseguenza di un cambiamento che coinvolge i sei processi psicologici, che secondo il modello, sono alla base del funzionamento di ogni persona.

Infatti in quest’ottica, cliente e terapeuta condividono, in virtù del loro essere umani, gli stessi processi psicologici e il cliente non è considerato come una persona che “ha” un problema, che va aggiustato o che è difettoso, ma come un individuo completo i cui comportamenti sono sotto il controllo di alcuni processi che, a discapito di altri, restringono il suo repertorio comportamentale e la possibilità di vivere esperienze diverse da quelle in cui si trova e per le quali spesso giunge in terapia proprio per liberarsene.

Articolo a cura di Fabrizio Tabiani, Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Terapeuta ACT, Terapeuta EMDR, Istruttore MBSR e MBCT.

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Consigli di lettura: “Un attimo prima di cadere. La rivoluzione della psicoterapia”

Un attimo prima di cadere

Ho avuto recentemente occasione di intervistare per Formapsicologi Giancarlo Dimaggio sul suo ultimo libro pubblicato dalla Raffaello Cortina Editore “Un attimo prima di cadere. La rivoluzione della psicoterapia” (2020).

Dimaggio, psichiatra e psicoterapeuta, fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale di Roma, scrive un libro che tra saggio scientifico, autobiografia e romanzo, ci racconta di una rivoluzione che porta verso una psicoterapia rinnovata.

“La logica della rivoluzione esperenziale è sfuggire alla dimensione puramente conversazionale-narrativa della psicoterapia e coinvolgere immaginazione, corpo e comportamento.

Dimaggio, per compiere l’impresa, parte da un autosvelamento importante, raccontandoci di un pezzo molto doloroso della sua vita, “dove sono stato io nel baratro”, passando per il suo percorso di cura in piena rivoluzione esperenziale in psicoterapia, che lo coinvolge come paziente e terapeuta.

“Quello che è successo mi ha aiutato tanto paradossalmente nel focalizzare sul processo di cura, sul processo della relazione terapeutica, sul capire i meccanismi dove andare a intervenire quando curi le persone”.

Dopo il dominio incontrastato per anni della parola, il corpo ritorna in psicoterapia, stavolta con teorie solide come alleate, grazie al contributo delle neuroscienze: tecniche antiche vengono recuperate e utilizzate con un razionale nuovo, perché la rivoluzione esperenziale “non è nel modo di usare il corpo che c’era già, ma nel renderlo parte di un discorso scientifico”.

Nel libro, Dimaggio ci fa entrare anche nella sua stanza di terapia per mostrarci il suo modo di lavorare con i pazienti:

“Quello che a me interessa è fare in modo di creare dei nuovi pattern di attribuzione di significato che partano da una componente incarnata (…) inserire il lavoro sul corpo ti permette di leggere te stesso nel mondo nella prospettiva diversa ed è una prospettiva che una volta che è stata incardinata al sensorio si memorizza più facilmente.

Il nuovo modo di fare psicoterapia si basa quindi sul “modificare il corpo per sanare la mente” per promuovere quella “metamorfosi”, che può compiersi a patto che si sia focalizzato un momento fondamentale, quello in cui la persona si trova sul ciglio del baratro, un attimo prima di cadere: in questa finestra temporale agisce la trasformazione, attraverso tecniche quali l’immaginazione guidata con riscrittura, role-play e drammatizzazione della scena.

Il cambiamento per compiersi, tuttavia, ha bisogno necessariamente di un’altra componente importante, ossia l’allenamento tra una seduta e un’altra, per tradurre quanto appreso in terapia in un modo diverso di agire nella vita quotidiana.

Una parte del libro è dedicata anche ai terapeuti che possono avere resistenze a lavorare secondo questa modalità, legate in particolare alla paura dei propri “luoghi oscuri”, a cui Dimaggio offre consigli e suggerimenti, di cui abbiamo parlato anche nel corso dell’intervista.

Un attimo prima di cadere. La rivoluzione della psicoterapia” è un testo che ci offre storie di rivoluzioni e che invita a compiere come terapeuti “atti di coraggio, innovazione, invenzione”, gli stessi che la psicoterapia cerca di promuovere nei pazienti per uscire dal circolo della ripetizione.

Articolo a cura di Laura Lambertucci, psicologa e psicoterapeuta. Specializzata in psicoterapia cognitivo-comportamentale presso “Studi Cognitivi”.  Ha conseguito il Livello 1 e 2 del training in EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing).

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Narcisismo, psicopatia e macchiavellismo

Narcisismo psicopatia e macchiavellismo

Narcisismo, psicopatia e macchiavellismo fanno riferimento allo stesso concetto? In una ricerca pubblicata nel numero 36/2002 Journal of Research in Personality i ricercatori della University of British Columbia di Vancouver hanno indagato la cosiddetta “Triade Oscura” della personalità ovvero i concetti di narcisismo, machiavellismo e psicopatia subclinici.

Lo scopo della ricerca era di comprendere quanto questi costrutti si sovrapponessero, ovvero fossero distinti, in una popolazione di soggetti sani.

Il costrutto di Machiavellismo nasce dal lavoro di Richard Christie che partì dalla selezione di una serie di affermazioni tratte dai testi originari di Macchiavelli per la formulazione di un questionario per la valutazione della personalità manipolativa, il Mach-IV.

Il costrutto di narcisismo subclinico é stato indagato nel lavoro di Raskin e Hall’s e può essere misurato attraverso il Narcissistic Personality Inventory.

Il terzo costrutto è quello della psicopatia subclinica che è caratterizzato da alta impulsività, ricerca di emozioni, bassa empatia e bassa ansia.

Questo costrutto può essere misurato con la scala SRP self-report psychopathy.

La ricerca ha coinvolto 245 studenti di psicologia di cui il 65% donne. La procedura consisteva in due fasi. Nella prima fase ciascun partecipante si autosomministrava questionari sulla “Triade Oscura”, il Big Five e autovalutazioni sull’intelligenza.

I partecipanti in seguito venivano rivalutati da ricercatori con una misura oggettiva dell’abilità cognitiva globale e dei livelli di esagerazione e finzione (Over Claiming Questionnaire).

I dati non hanno supportato l’ipotesi che i tre costrutti siano equivalenti. Sia il narcisismo che la psicopatia sono risultati associati con l’estroversione e l’apertura mentale.

Il macchiavellismo e la psicopatia erano negativamente associati con la coscienziosità.

Solo la psicopatia era associata a basso nevroticismo. Infine, mentre nel macchiavellismo non vi era segno di bias del pavone, bias che invece si riscontrava nel narcisismo e in misura minore nella psicopatia.

Articolo a cura di Enrico Parpaglione, psicologo e psicoterapeuta, terapeuta avanzato, supervisore e trainer ST certificato dalla Società Internazionale di Schema Therapy.


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